Il fenomeno delle baby-gang, ovvero di quei gruppi costituiti in larga parte da ragazzi minorenni che assumono atteggiamenti violenti nei confronti di persone, soprattutto coetanei e di cose, ha suscitato negli ultimi anni un forte allarme tra i cittadini. Ciò nonostante, ho più volte sentito un diffuso senso di sfiducia e di scoraggiamento da parte, in particolare, delle vittime di tali gruppi o dei genitori delle vittime (quando queste sono dei giovanissimi) che, spesso, esplicitano la convinzione che contro i minori “non si può fare nulla” e che i minori non possano essere puniti, proprio a causa della loro minore età. Ragion per cui molti rinunciano a denunciare gli episodi subiti.In verità, secondo il Codice penale italiano, solo i minori di 14 anni non sono imputabili, né punibili, per i reati che commettono (art. 97 c.p.). I minori tra i 14 e i 18 anni, invero, sono imputabili e punibili (sempre che fossero capaci di intendere e di volere), con una pena diminuita rispetto a quella dei maggiori di età (art. 98 c.p.). Gli stessi sono giudicati da un apposito Tribunale (il Tribunale per i minorenni, appunto), composto anche da Esperti di psicologia e del mondo giovanile ed il processo minorile si discosta da quello ordinario, principalmente per le possibilità di definizione, che tendono il più possibile alla rieducazione del giovane. La pena deve essere proporzionata non solo al reato, ma anche alla personalità e alle condizioni del giovane, con l’intento di educarlo piuttosto che punirlo, cercando di evitare, in particolare se il reato è di lieve entità o occasionale, che il minore subisca danni irreparabili nel suo percorso di crescita. Affinchè, inoltre, il minore non venga etichettato come criminale e danneggiato socialmente e psicologicamente, si vieta la pubblicazione di informazioni identificative e le udienze sono tenute a porte chiuse.La pena della detenzione in carcere è considerata, anche per i giovani, una misura estrema, da usare solo se realmente necessario.In definitiva, è possibile affermare che la giustizia penale minorile, pur mirando principalmente alla rieducazione dei minori coinvolti in atti criminosi, non esclude la possibilità di applicare pene, ma le attenua, in relazione alla giovane età ed alla capacità di intendere e volere. La denuncia, quindi, di crimini commessi da giovani non solo può consentire alle autorità di intervenire in modo efficace, a tutela di tutti, ma apre anche la strada a misure educative che possono evitare che i giovani seguano un percorso di criminalità a lungo termine.